martedì, gennaio 16, 2007

Pratica.


L'adesione del cuore e della mente ad una particolare impostazione filosofica o religiosa è estremamente importante, ma senza praticare quell'idea viene a mancare qualcosa di fondamentale. Dico questo perché, specialmente nell'occidente odierno, ci si è abituati a credere che basta il pensiero: se mi piace qualcosa, se sono d'accordo con un'idea, per ciò stesso la sto sostenendo, mi ci posso riconoscere ed è parte integrante di me. In una certa misura è vero, però realizzare significa far entrare nel corpo, rendere carne e sangue quello che invece potrebbe rimanere un fatto astratto o soltanto teorico. Per questo motivo il buddismo insiste tanto sulla pratica. L'azione per gli altri è un importante elemento di essa, così come anche l'etica del comportamento in tutte le situazioni che la vita propone: nella sua antica formulazione - secondo l'insegnamento del Buddha Shakyamuni - il buddismo è retta azione, retta parola, retto sforzo, retti mezzi di sussistenza. Però, sempre nella stessa elencazione dell'ottuplice sentiero, il Buddha parla anche di retta motivazione, retta comprensione, retta consapevolezza, retta concentrazione. In altre parole la pratica consiste nel rettificare, e quindi purificare, sia le manifestazioni esteriori che quelle interiori della nostra vita, e fra queste svolge un ruolo molto importante la meditazione. Nella nostra forma di buddismo tale pratica si identifica con la recitazione di Gongyo e Daimoku, effettuata generalmente la mattina e la sera. Particolarmente al mattino bisognerebbe recitare una buona quantità di Daimoku, cioè Nam Myoho Renge Kyo, ma le regole non sono rigide e ognune decide secondo i suoi impegni, i suoi ritmi, le sue possibilità. Tuttavia, come praticante, ho notato che ci sono dei periodi della vita in cui la recitazione, la meditazione, la poniamo in secondo piano, come un optional, rispetto a tutte le cose che abbiamo da fare quotidianamente e che ci assorbono. Finiamo gradualmente per recitare sempre meno e, magari, con sempre maggiore sforzo - come se perdessimo la sintonia con la pratica. Ebbene, ho potuto constatare personalmente che esiste una grande differenza fra il modo in cui mi sento quando recito giornalmente almeno un'ora di Daimoku e quando non lo faccio, magari facendo soltanto un Gongyo a-tirar-via, alla meno peggio! Invece lo sforzo di alzarsi un pò prima e rinunciare ad un poco di sonno per praticare il buddismo produce grandi risultati e risulta energetico, ci si sente meglio, anche le circostanze difficili diventano più affrontabili - da tutti i punti di vista. Quindi, lo ripeto, non basta un'adesione ideale alle dottrine buddiste senza che ci sia un adeguato supporto meditativo, una giusta pratica, che costituisce quindi proprio la chiave concreta per realizzare, per inverare l'insegnamento del Buddha.