venerdì, gennaio 23, 2009

Risposte a contestazioni



Vorrei riportare alcune opinioni criticamente negative sulla Soka Gakkai recentemente propostemi. Si di esse non mi sono affatto trovato d'accordo ritenendole infondate, e ho ritenuto opportuno replicare con le argomentazioni che riporto di seguito. Tengo anche a precisare che le mie risposte non sono state date in alcun modo a nome dell'associazione in questione, essendo soltanto le mie opinioni personali di praticante: infatti sono parte attiva della Gakkai da circa 14 anni. Se cito degli scritti di Daisaku Ikeda è per dimostrare che quanto esprimo non è una sorta di difesa aprioristica e priva di consistenza dell'associazione, ma fonda su quanto viene effettivamente insegnato.

1) La Soka Gakkai fa parte delle nuove forme di religiosità, le cosiddette “sette”, inadeguate nel rispondere ad un vero bisogno spirituale perché frutto di una serie di errori concettuali e di illusioni misticheggianti, quando non risultanti da un consapevole sfruttamento della credulità delle masse ad opera di falsi maestri e venditori di fumo.

Risposta: faccio presente che, secondo il riconoscimento ufficiale effettuato dallo Stato Italiano, la Soka Gakkai è un ente religioso a tutti gli effetti, che come tale è diffusa in 192 paesi nel mondo e che ricercatori sia internazionali che italiani (quali il Prof. Massimo Introvigne, di estrazione cattolica, fondatore del CESNUR per lo studio dei nuovi movimenti) hanno classificato la Gakkai non come una setta, bensì come un’organizzazione che diffonde una religione vera e propria: il buddismo Mahayana nell’impostazione riformatrice di Nichiren Daishonin, un saggio vissuto nel XIII secolo.
Per attestare la serietà dell'organizzazione e dell'impostazione religiosa si potrebbe dire anche di più, magari evidenziando che l’impegno di noi buddisti non è solo nella meditazione individuale e nell’autoriforma, ma è anche sociale e nell’aiuto agli altri – sia a livello personale (nella propria vita) che di associazione (collaborazione con la comunità di S. Egidio per la moratoria sulla pena di morte, aiuto ai rifugiati e alle popolazioni in territori di guerra, mostre sui diritti umani ecc.).

2) Il cosiddetto “maestro” della Gakkai ha probabilmente, come tanti altri, una disposizione alla voracità e allo sfruttamento, e utilizza l'"ubriacatura" di chi lo segue per i suoi scopi. D'altra parte lo stesso mantra – cioè la preghiera principale della scuola che è Nam-myoho-renge-kyo – è propagandata come mezzo per ottenere benefici, risolvere problemi e realizzare desideri. Il fatto è che per raggiungere l’obiettivo della “setta” bisogna avere, ottenere o possedere a tutti i costi. Tutto si risolve – per così dire – nell’avere e non nell’essere.

Risposta: questo è un errore piuttosto consistente, dal momento che il nostro Maestro della Soka Gakkai, Daisaku Ikeda, così si esprime:
“Molti eminenti pensatori e intellettuali condividono la percezione che la civiltà moderna abbia perso di vista l'essere umano e si trovi in un vicolo cieco su molti fronti. Non si può negare che il mondo spirituale interiore sia stato trascurato e che troppe persone siano ossessionate dalla ricerca di comodità, agio e piacere in qualcosa di esterno a loro. Se non superiamo le fondamentali illusioni umane indotte dall'avidità, dalla collera e dalla stupidità non potremo risolvere i numerosi problemi che il mondo attuale ha di fronte, fra cui la preoccupazione per la crescita economica, una politica priva di umanesimo, i conflitti internazionali, la guerra, la crescente disparità fra ricchi e poveri e la discriminazione che dilaga (da: “Buddismo e società”, n. 119, nov.-dic. 2006).”
Faccio presente che questo tipo di visione è correttamente e ampiamente diffuso negli zadankai (riunioni buddiste) e che, quindi, qualsiasi versione differente dell’insegnamento proviene da persone che valutano pregiudizialmente, o che non partecipano alle suddette riunioni.

3) I praticanti di questa associazione credono che, recitando il loro mantra davanti ad una strana pergamena con degli ideogrammi, qualunque loro desiderio non può non essere esaudito immediatamente.

Risposta: innanzitutto vorrei precisare che la “strana pergamena” nel nostro caso è un mandala tradizionale in piena regola, cioè un Cosmogramma, una visione della Legge Mistica dell’universo, così come è stato inscritto da Nichiren Daishonin. Qualora si pensi ad una sorta di atteggiamento “idolatra” verso il Gohonzon, quasi che noi buddisti lo considerassimo un talismano, un oggetto magico o un portafortuna davanti al quale stordirsi “blaterando parole incomprensibili per ore ed ore” (come talvolta contestato), vorrei rispondere citando ancora Ikeda (op.cit.):
“Come dimostrano molti dei suoi scritti, il Daishonin sottolinea ripetutamente l'importanza cruciale che riveste il cuore o mente. È in quest'ambito interiore della vita che risiede il potenziale per realizzare enormi cambiamenti, sia dal male al bene che dal bene al male. Perciò la dottrina dell'Illuminazione del Daishonin si può leggere come un processo che ha inizio con il cambiamento interiore.” “Inoltre il Daishonin ci ammonisce a non ricercare la Legge mistica fuori di noi perché altrimenti, per quanto Daimoku possiamo recitare, non riusciremo a raggiungere l'Illuminazione e, al contrario, la nostra pratica buddista sarà solo «un'infinita e dolorosa austerità». Afferma esplicitamente che «se reciti e credi in Myoho-renge-kyo, ma pensi che la Legge sia al di fuori di te, stai abbracciando non la Legge mistica ma un insegnamento inferiore»”.
Quindi, come si può facilmente constatare, non si delega la propria “rivoluzione umana” ad un oggetto di carta o ad un suono meccanicamente ripetuto con le labbra per narcotizzarsi, bensì queste cose hanno valore per il significato intrinseco e come strumenti di lavoro consapevole su sé stessi.
C’è poi da chiarire il punto della realizzazione dei desideri o della soluzione dei problemi che si possono ottenere attraverso la pratica. Questo è più complesso da spiegare, soprattutto a chi magari ha un’idea diversa sul significato della religione – e ognuno è libero di pensarla come crede, nel rispetto delle opinioni degli altri. Il punto di vista del buddismo è che non c’è molta differenza fra interno ed esterno, perché sono complementari e si corrispondono: se si hanno dei problemi esistenziali come la mancanza di un lavoro, difficoltà di relazione, malattie o altro, bisogna occuparsene e cercare di risolverli, utilizzando il disagio o il bisogno come una spinta per lavorare interiormente riflettendo e pregando, ed esternamente per fare azioni concrete allo scopo di cambiare sé stessi e/o la propria situazione. Se abbiamo invece delle potenzialità positive da sviluppare, è bene sostenerle, utilizzarle e manifestarle con fiducia, imparando ad ascoltarsi e, se necessario, a sfidare le circostanze, gli ostacoli e le paure per raggiungere i propri obiettivi. La pratica, naturalmente, costituisce un fondamentale aiuto in tutto questo, secondo il principio “la fede è uguale alla vita quotidiana”. Citando sempre Ikeda (da “La saggezza del Sutra del Loto – 17° capitolo”):
“Molti nutrono il pregiudizio che la religione riguardi solo il mondo soggettivo, la vita spirituale. Ma, poiché è la Legge della vita, il Buddismo si occupa anche del mondo oggettivo, della vita pratica. Considerare solo la soggettività è idealismo, considerare solo l’oggettività è materialismo. Il Buddismo non cade in questi due estremi: purificando e rafforzando il nostro essere, la vita quotidiana migliora… Sviluppando nella nostra vita (nel mondo soggettivo) una grande energia vitale per creare valore in qualunque circostanza (nel mondo oggettivo), realizziamo la rivoluzione umana, l’obiettivo del Sutra del Loto.” “Prender fede nel Buddismo del Daishonin non significa che tutte le difficoltà scompariranno. Finché vivremo ci sarà sempre qualche problema. Ma, qualunque cosa accada, è importante avere una salda fede. La Legge mistica insegna che i desideri terreni si trasformano in illuminazione e che le sofferenze di nascita e morte equivalgono al nirvana.”