giovedì, aprile 29, 2010

Luminosità


Talvolta la pratica buddista si apre ad un sentimento solare, luminoso e saldo. Non nego che vi siano momenti difficili, in cui anche una pratica come la nostra - semplice ed essenziale - possa apparire pesante e priva di significato. La vita stessa, in quei momenti, generalmente è su un tono minore, oppure è oppressa dalle difficoltà - e allora recitare Gongyo diventa veramente qualcosa di faticoso: sembra un di più, un artificio inutile e superfluo rispetto ad periodo oscuro che si affronta - dove possono esservi problemi di vario genere ma, in sintesi, si ha a che fare con una o più delle otto sofferenze: nascita, malattia, vecchiaia, morte, essere lontani da ciò che si ama, essere vicini a ciò che si detesta, non ottenere ciò che si desidera, disordine delle "cinque componenti". Proprio in questi momenti, tuttavia, se il disagio diventa veramente forte, se la sofferenza diviene lacerante, la sincerità della pratica si manifesta: il rapporto con il Gohonzon trova una essenzialità, ritorna ai suoi fondamenti, alla sua verità. E' così che mi sento ora: nelle difficoltà attraversate percepisco di aver purificato la mia pratica, di averla resa più salda e più vera. Non che prima non lo fosse, però mi pare che essa, per sua natura, negli anni, tenda ad evolvere, a mutare, a penetrare più a fondo, magari abbandonando con naturalezza aspetti che - pur essendo serviti al tempo opportuno - adesso risultano non più utili. Ecco allora che scaturisce quel sentimento luminoso, quell'apertura di cui parlavo all'inizio. Insieme a tanta gratitudine per aver incontrato, apprezzato e mantenuto la fede nel Gohonzon: non è cosa da poco in un mondo così complesso e problematico. E' un grande beneficio, una vera fortuna.

martedì, aprile 13, 2010

Maestro-discepolo


Proprio oggi ho letto una frase molto interessante sull'ultimo numero (n. 440) del Nuovo Rinascimento, una delle riviste della Soka Gakkai italiana. Alla domanda sul suo legame con il maestro, Jasmina (responsabile nazionale giovani) risponde: "Il presidente Ikeda è la persona che crede in me e questo mi ispira e mi incoraggia a fare sempre meglio." Sono rimasto veramente toccato da questa affermazione, perché mi ha rivelato un aspetto del principio maestro-discepolo a cui, personalmente, penso molto raramente o, forse, addirittura non ho mai pensato coscientemente. Per quanto mi riguarda ho sempre un atteggiamento molto prudente con i maestri di qualsiasi disciplina e genere. Accetto senz'altro la guida di chi, magari, ha più esperienza di me o è in grado di insegnare su argomenti che mi interessano, e di questo sono riconoscente. Però dal punto di vista del maestro spirituale la situazione mi si fa più complicata, perchè non mi piacciono le dipendenze e, talvolta, eccedo in diffidenza. Anche per questo apprezzo il buddismo: in generale in esso si tende a far affidamento soprattutto su sé stessi, sulla propria capacità di auto-determinarsi, sulla propria forza interiore. Tuttavia anche nel buddismo il maestro ha una grande importanza, però come parte di uno scambio maestro-discepolo in cui esiste collaborazione e, in definitiva, anche parità. Si dice addirittura che nel ciclo delle rinascite, di vita in vita, le funzioni del maestro e del discepolo possano ribaltarsi e i ruoli invertirsi - proprio a sottolineare che non si tratta di un rapporto superiore-inferiore, quanto di una complementarietà finalizzata al perseguimento di un obiettivo: l'evoluzione della consapevolezza. Detto questo, la frase citata mi ha sorpreso affermando che il maestro è colui che ha fiducia nel discepolo, nelle sue capacità di essere umano, nelle sue potenzialità. Di solito sono io che mi chiedo se dare fiducia al maestro e che mi faccio anche dei problemi, che ho delle resistenze... e invece è proprio il contrario: è il maestro che mi da fiducia, mi sostiene, mi incoraggia a credere in me stesso!!! Seguire il maestro, dunque, non consiste tanto nel credere in lui, quanto in me (!), perché sostanzialmente è questo che mi insegna e in questo mi sostiene. Non so se mi spiego, ma ciò mi sembra veramente fantastico e perfino rivoluzionario! Per quanto mi riguarda personalmente è un passo in più verso la comprensione del principio maestro-discepolo in chiave buddista.