martedì, agosto 19, 2008

Risposte alle domande degli "amici-di-blog": una frase per la buddità.




Perché recitiamo una frase, Nam Myoho Renge Kyo, per raggiungere la buddità?





Per rispondere a questa domanda è necessario innanzitutto specificare che cos'è un mantra. La parola deriva dal sanscrito ed è composta da manas (mente) e dalla radice tra (proteggere). Quindi possiamo dire che, secondo le pratiche religiose e yogiche dell'Oriente, la ripetizione di un suono o di una serie di suoni, cioè di una litania, di una formula, ha lo scopo di proteggere la mente. Da che cosa? In genere in Oriente si intende dalle forze negative, dagli attaccamenti, dalle illusioni. Naturalmente bisogna vedere quali suoni hanno questo potere, senza dimenticare l'eventuale significato delle parole che si pronunciano. Ad esempio, anche in italiano, le parole hanno una vibrazione, diciamo, una "risonanza" psichica, una forza suggestiva, che va anche oltre il loro uso corrente. Come diceva un mio caro amico, se ripetessimo molte volte la parola "pace" concentrandoci su di essa e utilizzandola come mantra, sicuramente produrremmo una certa pacificazione interiore anche se in un primo momento non ne fossimo del tutto coscienti: qualcosa accadrebbe comunque e probabilmente nel nostro ambiente si produrrebbe un effetto pacificante. Allo stesso modo, ripetendo "odio" con la tecnica del mantra ne avremmo sicuramente degli effetti negativi, disturbanti, perché la parola - per il suo significato, per il suo uso comune - ha un potere che, ripetendola e concentrandoci su di essa, potremmo attivare.

Questo per tutte le parole, e particolarmente per quelle più evocative di significati universali. Su questo principio, in fondo, si basano le preghiere, le litanie, i "rosari" di tutte le religioni: la mente si focalizza sul suono, su certe parole, e viene indirizzata in un certo senso. Se poi le preghiere utilizzate vengono ripetute per anni, secoli, millenni, diventano molto potenti, si caricano della forza psichica di tutte le persone che le hanno pronunciate e le pronunciano. Diciamo che gli orientali conoscono molto bene questo principio, l'hanno sperimentato e utilizzato scientificamente, per esempio nello Yoga.

Ogni religione, però, "carica" le sue preghiere di aspettative connesse con lo scopo che si prefigge: nel cristianesimo, in genere, si cerca il colloquio con Dio, la sottomissione alla Sua volontà, eccetera; in Oriente, invece, si cerca la liberazione dall'illusione, l'identificazione in Dio (induismo) o il raggiungimento dello stato di Buddha, l'Illuminazione.

In quest'ultimo contesto si situa il Daimoku e la riforma di Nichiren nell'ambito del buddismo giapponese: invece di prefiggersi come obiettivo la salvezza tramite l'abbandono ad una forza redentrice divina, ad un Salvatore (come nel mantra Namu-Amida-Butsu della scuola Jodo), Nichiren ha ben chiaro il senso dell'Illuminazione come dedizione alla Legge Mistica del Sutra del Loto, il che è precisamente il significato del mantra Nam Myoho Renge Kyo. Recitare Daimoku, dunque, è una tecnica mantrica che protegge, indirizza e libera la mente al fine del raggiungimento di questo obiettivo: la realizzazione del senso profondo del Sutra del Loto e della sua Legge.

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