
Un'amica mi ha scritto: "La mia insegnante di yoga ha proposto, durante la lezione, la ripetizione di un mantra: Om Mani Padme Hum. Come praticante del buddismo di Nichiren Daishonin mi sono sentita piuttosto a disagio perché, lì per lì, sono stata colta alla sprovvista e mi sono uniformata senza neanche capire bene il significato di questa preghiera e se essa potesse essere in contrasto o meno con gli insegnamenti del nostro buddismo. Perché l'insegnante ha dato per scontato che tutti fossero disposti a recitarla e che cosa bisogna fare in questi casi?"
Il mantra del buddismo tibetano "Om Mani Padme Hum" significa: "Om (il suono dell'energia creatrice universale) - il Gioiello è nel Loto". Il senso è che all'interno del Loto è nascosto un gioiello di grande valore mistico. Ciò è piuttosto simile a quanto Nichiren insegna: lui stesso trovò nella profondità del Sutra del Loto il gioiello mistico del Daimoku! Al di là di ciò comprendo il tuo imbarazzo nel dover ripetere un mantra che non conosci, e devo dire che in effetti a volte si dà troppo per scontato da parte degli insegnanti di discipline orientali che tutti vogliano fare certe preghiere o accettare certi mantra. A loro discolpa c'è l'amore per l'Oriente che essi hanno, e il desiderio di sperimentarne liberamente le tecniche senza i vincoli cui ci aveva abituato la nostra religione tradizionale - per cui magari il rifiuto di condividere una meditazione o pronunciare un mantra deve loro sembrare una forma di resistenza, di pregiudizio e di chiusura. Che cosa bisogna fare in questi casi? Francamente non credo che ci sia una risposta valida per ogni circostanza. Secondo me in alcuni casi e situazioni si potrebbe cortesemente declinare l'invito a partecipare ad una certa preghiera dicendo chiaramente che si è buddisti e che si preferisce non fare una preghiera con la quale non si è d'accordo proprio per rispettarla, perchè non si possiede l'atteggiamento interiore richiesto e non si ha la stessa visione. In altre situazioni, invece, si potrebbe accettare di partecipare al rituale comune per stare insieme agli altri e per non dare l'impressione di praticare una religione chiusa ed esclusiva - anche perché effettivamente non lo è: in questo caso potremmo sforzarci di trovare nel rituale che ci propongono dei punti in comune con il nostro buddismo, come se stessimo facendo un dialogo; ciò non significa che stiamo abbandonando o offendendo la nostra pratica, ma semplicemente che ci stiamo aprendo ad altri punti di vista focalizzandoci sul valore che in essi è certamente presente.
Ricordiamo che il Presidente Ikeda afferma - nella prefazione alla Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin - che tutte le religioni hanno nella loro profondità il potenziale per portare le persone alla felicità, e che è un suo preciso desiderio che possa esservi dialogo e collaborazione fra di esse per una reciproca crescita e una trasformazione positiva dell'umanità.