martedì, novembre 14, 2006

Gongyo.


La parola "Gongyo" significa in giapponese "pratica costante", e allude genericamente al complesso delle pratiche buddiste sottolineandone le necessarie costanza e assiduità. Tale perseveranza è considerata indispensabile in quanto la possibilità di sfuggire al Samsara - cioè ad una visione del mondo condizionata - esige sicuramente un'attenzione e uno studio di sé stessi sempre rinnovati. In senso più specifico la recitazione di "Gongyo" allude alla lettura mantrica e ritmica di una parte del Sutra del Loto, di cui l'altro lato della medaglia è l'invocazione, cioè la recitazione del "Daimoku", ovvero del mantra Nam-Myoho-Renge-Kyo. Si insegna, inoltre, che il Daimoku è la pratica primaria perché in esso è contenuto il senso profondo dell'illuminazione buddista, mentre Gongyo è la pratica secondaria, perché ne è il soltanto il completamento: esso, infatti, ripropone alcuni importantissimi passi dottrinali del Sutra citato - cioè specificazioni e chiarimenti di Myoho-Renge-Kyo, della Legge del Loto, e quindi già in essa presenti. Secondo la mia opinione, volendo fare riferimento all'antica classificazione estremo-orientale dello Yin-Yang, direi che il Daimoku è Yin, perché il suo effetto è più spirituale, dispone all'apertura del cuore, porta l'energia individuale a fondersi con quella universale e ad abbandonarsi in essa; viceversa Gongyo è Yang, perché accresce la concentrazione, la puntualizzazione concettuale, la focalizzazione sulla concretezza e sul particolare. Si dice, infatti, che Gongyo serva a materializzare gli effetti del Daimoku, cioè che ne aiuti la manifestazione fisica, evidente.

2 commenti:

chiocciola ha detto...

scusami, però ancora non mi è molto chiaro, chi ha deciso che oltre al daimoku dobbiamo fare anche gongyo, e perchè,?

Maurizio ha detto...

Cara Bianca Maria,
la lettura di parte del capitolo Hoben e della sezione in versi del capitolo Juryo del Sutra del Loto (insomma ciò che costituisce il nostro Gongyo) praticamente è stata decisa dallo stesso Nichiren Daishonin. Egli considera i due capitoli come le radici stesse del Sutra e rispettivamente degli insegnamenti Shakumon (teorico) e Honmon (essenziale). Inoltre ci sono diversi Gosho in cui Nichiren accenna alla recitazione di questi capitoli come parte della pratica buddista, insieme naturalmente all'elemento più importante, il Daimoku.